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Super Homo Sapiens

La Repubblica

Luca e Francesco Cavalli-Sforza

 

SARÀ bionico il nostro futuro? Dopo l' habilis, l' erectus, il sapiens avremo l' Homo electronicus? Ci sarà un post-umano, dopo il post-moderno? Le macchine diventeranno parte dell' uomo, oppure dovremmo chiederci addirittura quanta parte di noi sarà sintetica: chip, batterie, circuiti collegati ai neuroni, organi cresciuti in laboratorio, arti metallici più versatili e potenti delle membra umane? Sono domande che affiorano alle frontiere della ricerca neurologica, dell' informatica applicata e delle nanotecnologie. Vi è chi parla di tecnoscienza, riferendosi a tecnologie ad altissimo contenuto scientifico, come quelle che ci permettono di pilotare una sonda all' interno dei nostri vasi sanguigni per installarvi un microcomputer o di viaggiare verso altri pianeti in una capsula spaziale. Vi è poi chi teme che queste tecnologie si impadroniranno dell' organismo umano, nel senso che non ne potremo più fare a meno, un po' come siamo divenuti dipendenti dal cellulare, parola che fino a vent' anni fa designava solo il furgone che trasporta i carcerati. In effetti, a vedere l' uso che alcuni fanno del portatile da mattina a sera, si direbbero pronti a ricevere l' impianto del ricevitore nell' orecchio e del microfono sotto i denti. In qualche ambiente extrascientifico, "tecnoscienza" è un termine spregiativo, indica un' attività pericolosa. I n Italia, questo atteggiamento è forse eredità di Benedetto Croce, che aveva relegatoi concetti scientifici al rango di "pseudoconcetti" ed ebbe grandissima influenza sugli intellettuali. Non vi è dubbio che scienza e tecnologia siano sempre più intimamente interfacciate. Nessuna tecnologia avanzata può oggi fare a meno della scienza, né le scienze della tecnologia. Il contenuto delle due attivitàè molto simile ma sarebbe un errore ignorare la sottile e precisa linea di demarcazione che le distingue. La tecnologia sviluppa strumenti nuovi sulla base di nuove conoscenze scientifiche e migliora quelli di cui la scienza già si serve. Si tratta di scienza applicata: nuovi strumenti nascono con l' obiettivo di rispondere a esigenze pratiche, per risolvere problemi determinati. La scienza invece cerca conoscenze nuove, indipendentemente dalle possibili applicazioni, a volte anzi ignorandole: la vera motivazione è la curiosità, il desiderio di capire come funziona il mondo. La tecnologia può arricchire l' inventore, la scienza pressoché mai. La dimostrazione più evidente di questa differenza è che, di fatto, o si fa della tecnologia o si fa della scienza: è raro che una sola persona si dedichi ad entrambe. Vi sono limiti alla conoscenza? A chi scrive pare che l' aumento di conoscenze prodotto dalla scienza sia sempre un bene, ma non tutti sono d' accordo. Un' importante eccezione è nella Bibbia: Adamo ed Eva sono cacciati dall' Eden come punizione per avere assaggiato la conoscenza del benee del male. Il frutto proibito è forse il sesso? Può ben darsi: in fondo non è infrequente che una madre tengai figli maschi all' oscuro o addirittura li spaventi circa il sesso. Nell' Ottocento anche i genitori inglesi erano molto puritani, sotto l' influenza della Bibbia. Le madri dell' alta società insegnavano ben poco sul sesso alle figlie, ma riprodursi il più possibile era considerato un dovere patriottico, per promuovere la potenza dell' impero, ed è rimasto famoso il consiglio delle madri alle figlie alla vigilia della prima notte di nozze: «Quando sarai a letto chiudi gli occhi, stringi i denti e pensa all' Inghilterra». Ma quali sono i limiti alle tecnologie? Qui l' aspetto etico diventa fondamentale, soprattutto perché non conosciamo mai le conseguenze a lungo termine della loro applicazione. Chi avrebbe detto, cent' anni fa, che le automobili osannate dai futuristi sarebbero divenuta una delle principali cause di morte, per gli incidenti e per l' inquinamento che provocano? O che l' impiego di combustibili fossili che ha alimentato la civiltà industriale avrebbe portato alle alterazioni climatiche che abbiamo cominciato a osservare? In misura immensamente superiore a ogni altro animale, l' uomo ha diretto il corso della propria evoluzione. La quasi totalità degli esseri umani abita oggi in ambienti anche del tutto artificiali (le città), in microclimi regolati secondo le proprie esigenze, e agisce ben al di là della portata "naturale" del proprio corpo e della propria voce, anche a decine di migliaia di chilometri di distanza, grazie a macchine che permettono il trasporto e la comunicazione. Per certi aspetti, la cultura ha permesso di superare i limiti posti dalla nostra biologia: per esempio, l' invenzione dei vestiti ci ha permesso di adattarci a quasi qualsiasi clima, scafandri e tute ci consentono di visitare ambienti estremi, compreso il vuoto dello spazio, dove un organismo come il nostro non potrebbe sopravvivere. Non è sorprendente che dopo avere prodotto una miriade di strumenti esterni ci si volga ora a perfezionare ed estendere le capacità del corpo stesso. Molti di noi già camminano, o possono manipolare oggetti, o semplicemente sono ancora in vita, grazie a protesi esterne e impianti interni, ossa metalliche, vene artificiali, microcomputer installati nell' organismo. La ricerca propone nuove invenzioni, quali i neurostimolatori in grado di sopprimere i sintomi del morbo di Parkinson bloccando i segnali nervosi anomali provenienti dal cervello, o ad un estremo opposto l' esoscheletro metallico, in grado di togliere fino all' 80 per cento del peso dalle spalle di chi cammina. Chissà se lo vedremo applicato alle gambe e alla schiena di soldati, di montanarie di chiunque traversi il mondo senza disporre di una casa e di un' automobile. In fondo, non è che lo sviluppo più recente della gerla, uno strumento la cui presenza è attestata da varie migliaia di anni. Se in un domani un chip impiantato nel cervello darà alla memoria di un individuo la potenza di un' enorme biblioteca, saranno in molti (e noi con loro) a mettersi in fila per riceverlo. Detta oggi, l' idea parrà avveniristica, ma fra cento o duecento anni potrà sembrare tanto normale quanto ai giorni nostri l' impianto di un pacemaker per sostenere il battito del cuore. La fantascienza, precorrendo i tempi e spingendo lo sguardo nel futuro della ricerca, parla da decenni di cyborg, individui provvisti di protesi elettroniche o di organi sintetici. Sono spesso personaggi inquietanti, in cui le capacità dell' individuo risultano incrementate a un punto tale che non vi riconosciamo più quelle caratteristiche di "umanità" che, per quanto largamente imprecisate, connotano la nostra identità di specie. I cyborg descritti dalla fantascienza sono però assai lontani da ogni concreta prospettiva odierna; magari resteranno esseri fantastici, come il centauro e l' unicorno. Se Ettore o Achille, del resto, avessero incontrato una pattuglia di soldati americani, li avrebbero potuti scambiare per cyborg. Forse dalle novità che la "tecnoscienza" ha in serbo per noi, quando e se si materializzeranno, possiamo attenderci più che altro contributi all' obiettivo che in generale è il più desiderato: l' aumento della durata della vita. Quello che resta da vedere - ed è l' aspetto più importante - è di che qualità sarà questa vita, quali benefici saranno davvero generali anziché riservati alle sole élite e quanti si riveleranno davvero benefici, piuttosto che maledizioni o disastri. Per il resto, l' uomo continuerà a fare quello che ha sempre fatto: manipolare l' ambiente che ha intorno in modo tale da promuovere il proprio benessere, comunque inteso. L' augurio è che lo faccia con più saggezza, ma non c' è dubbio che l' evoluzione culturale presenti il vantaggio (e anche il pericolo) di essere molto più rapida di quella biologica.

Da: La Repubblica

 

 

 

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