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Singolarita' in cerca di futuro

Il Manifesto

Anonimo

 

Radici antiche Dal Rinascimento al '900 il percorso del transhuman Teorie artistiche Caratteri visionari e neodada nell'estetica transumanista R. M. Anche se può apparire a prima vista un pensiero bizzarro, figlio dei nostri tempi permeati di tecnologia d'avanguardia e di fantascienza, il transumanesimo riprende in realtà un quadro concettuale presente in numerose correnti filosofiche, dal positivismo al pragmatismo, e prima ancora nelle intuizioni dei primi umanisti, da Pico della Mirandola a Leonardo da Vinci. Il nucleo del pensiero transumanista può essere riassunto nella proposta di superare attraverso il progresso tecnoscientifico le limitazioni biologiche della specie Homo sapiens. L'idea di "transumanare", vale a dire di considerare la propria condizione come transizionale rispetto a un futuro che va oltre l'uomo, definibile in modo generico come post-human, emerge nel milieu culturale degli anni '50 ed è presente in nuce nelle opere di autori come Arthur Clark, Isaac Asimov e Stanislav Lem. Ma è Julian Huxley a coniare il termine nel saggio "Transhumanism" all'interno del libro del 1956 New Bottles For New Wine. Considerare il pensiero razionale, la conoscenza scientifica e l'innovazione tecnologica come volani per trascendere i limiti della condizione umana fa parte del mito prometeico dell'uomo demiurgo e dell'antropocentrismo assoluto, in qualche modo inerente alla cultura occidentale. Di certo il Novecento ha enfatizzato questo orientamento facendo slittare i termini "salvezza" e "illuminazione" dai territori della metafisica e dell'esperienza religiosa a quelli secolarizzati del progresso e dell'esistenza terrena. Così, mentre Thomas Eliot in The Cocktail Party descriveva i rischi della transumanizzazione, John Haldane al contrario vedeva in questa forma di trascendenza mediata dalla ragione il futuro dell'uomo. Anticipatore del movimento transumanista può essere considerato il bioeticista Joseph Fletcher, che nel saggio del 1974 The Ethics of Genetic Control sostiene la necessità di utilizzare la programmazione genetica per sottrarre la condizione umana alla aleatorietà della roulette riproduttiva e indica la necessità di servirsene per migliorare le peculiarità dell'uomo. Ma è al filosofo Max More che va ricondotta la definizione attuale di transumanesimo quando lo descrive come "una classe di filosofie che cercano di guidarci verso una condizione postumana"; con l'umanesimo tradizionale condivide la priorità assegnata alla ragione e alla dimensione storica dell'esistenza, ma insieme se ne distacca alimentandosi alla tensione che dovrebbe portare al superamento dei vincoli imposti dalla condizione biologica. Ritroviamo il termine transumano come "umano transizionale" nell'opera del futurologo F. M. Esfandiary, noto anche con l'abbreviazione di FM-2030. In questo senso, le coordinate transumaniste vanno dall'ottimismo nei confronti del progresso tecnologico (in opposizione al cosiddetto neoluddismo ecologista), a una visione perfezionista e autopoietica della condizione umana, da una forte attenzione alle tecnologie informatiche e biologiche a una tensione verso il superamento della dimensione filogenetica. In ambito scientifico il movimento transumanista ha fatto riferimento alle ricerche di Eric Drexler, pioniere della nanotecnologia nel saggio Engines of Creation del 1986, e agli studi di Hans Moravec, esperto di robotica e teorico del mind-uploading ovvero della possibilità di trasferire la mente umana all'interno di un computer. E se Ray Kurzweil nel suo The Age of Spiritual Machines preconizza entro i primi decenni di questo secolo l'avvento di computer in grado di surclassarci, Alexander Chislenko immagina una destrutturazione delle identità individuali dentro una connessione collettiva delle menti attraverso le reti informatiche che si evolve verso una sistemica cognitiva, una vera e propria teogenesi. Nel pantheon dei transumanisti mancano infatti le divinità ma non per questo esso è privo di una sorta di misticismo e di millenarismo verso un dio in fieri costruito dall'uomo. L'avvento dei transumanisti ha un nome, "singolarità", introdotto dallo scrittore Vernor Vinge all'inizio degli anni '90 per definire un vero e proprio salto quantico del progresso tecnologico. Il "singolarianesimo", l'attesa profetica della singolarità che inaugurerà l'era postumana, è pertanto il credo laico professato dai transumanisti e insieme il vero discrimine tra una visione illuminista ancora fondata sul controllo umano del progresso e quella transumanista di una tecnopoiesi elusiva al controllo umano, l'epoca dove le macchine saranno Out of Control, per riprendere il titolo di un celebre saggio di Kevin Kelly. Il movimento transumanista ha inizio formalmente all'inizio degli anni '80 presso la University of California di Los Angeles grazie all'attività di studiosi come John Spencer, Damien Broderick e Nancie Clark. Quest'ultima, che assumerà poi il nome di Natasha Vita-More, è autrice nel 1982 del Transhumanist Arts Manifesto, dove il transumanesimo si fa teoria estetica, definita anche come TransArt: qui il carattere visionario, radicato in una sorta di neodadaismo basato sulla razionalità e sull'ottimismo, si sposa all'idea di estensione dei sensi. Critiche radicali al transumanismo sono state invece rivolte dall'economista Francis Fukuyama, che nel suo libro Our Posthuman Future ha affermato che le idee transumaniste - quantunque apparentemente in linea con quanto la società tecnologica contemporanea sta realizzando - mettono in crisi le radici stesse dell'uguaglianza tra gli esseri umani e rischiano di minare gli ideali e i presupposti della democrazia liberale.

Da: Il Manifesto

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