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3.   The Big Question - 12/07/2009

di Ugo Spezza

 

La filosofia transumanista, una volta approdata sui quotidiani di informazione nazionali o messa al vaglio di filosofi e scienziati "esterni" a questo movimento ideologico suscita da un lato un vivo interesse ma dall'altro va a proporre problemi che riguardano il futuro dell'uomo, nuovi e prima non ipotizzabili, che convergono nella cosiddetta "Big Question", ovvero la domanda fondamentale che tutti prima o poi pongono. Veniamo dapprima alla definizione di Transumanesimo come movimento filosofico, sociale e culturale, ottimamente formulata dal sociologo Riccardo Campa:

«Il termine transumanesimo indica una dottrina filosofica appartenente alla famiglia delle ideologie progressiste. Gli intellettuali transumanisti elaborano, studiano o promuovono le tecnologie finalizzate al superamento dei limiti umani. Analizzano i trend, le dimensioni psicologiche, le implicazioni etiche e l’impatto sociale di tali tecnologie, ponendo in luce soprattutto gli aspetti positivi dello sviluppo scientifico, ma senza sottovalutarne i potenziali pericoli. Con lo stesso termine si indica il movimento intellettuale e culturale che, facendo riferimento a tale filosofia, ritiene possibile e desiderabile l’alterazione in senso migliorativo della condizione umana. Per ‘miglioramento’ si intende la limitazione e, possibilmente, l’eliminazione di processi naturali come l’invecchiamento, la malattia e la morte, nonché l’aumento delle capacità intellettuali, fisiche e psicologiche dell’uomo. I transumanisti sono dunque entusiasti sostenitori del progresso tecnico-scientifico.»

A questa definizione segue di fatto una problematica; la Big Question per appunto:
Se la tecnologia riuscirà a migliorare l'essere umano fino al punto di liberarlo non solo dalle malattie ma dalla morte stessa garantendone una iper-longevità che potrebbe surclassare il limite "biologico" dei 120 anni grazie a modifiche biotecnologiche, la popolazione mondiale incrementerebbe in modo improvviso e con moto uniformemente accelerato nei decenni a venire, semplicemente perché in molti smetterebbero di morire. Come ciò si concilia con un mondo sovrappopolato da sette miliardi di individui, con un pianeta con scarsità di risorse alimentari ed energetiche nonché, soprattutto, con una popolazione anziana (improduttiva) che cresce esponenzialmente?


Longevità, iper-Longevità e Immortalità

Prima di tutto suddividerei il problema principale in tre sotto-problemi distinguendo fra tre forme di allungamento della vita:
1. "Longevità" è la prima forma, essa consiste in una semplice estensione della vita biologica a quella che il gerontologo Claudio Franceschi chiama "limite genetico" e che si attesta per l'uomo ai 120 anni. E' molto probabile che la tecnologia farmacologica in un futuro non troppo remoto possa produrre farmaci adatti a permetterci di raggiungere questo obiettivo.
2. "Iper-Longevità" è la seconda forma e potrebbe toccare il limite del millennio di vita. Essa prevedrebbe modifiche radicali al genoma dell'essere umano e bio-impianti che consentano sia messa in stop del processo di invecchiamento sia tecniche di ricostruzione bio-tecnologiche di tessuti e organi che verranno ad ammalarsi o a danneggiarsi nel corso del tempo. Questo secondo processo potrebbe trovare le sue basi nella nanotecnologia avanzata applicata alla medicina. Tecnicamente esso è quindi da collocare almeno alla metà di questo secolo.
3. "Semi-Immortalità" è la terza forma. Ad essa si potrebbe giungere solo distaccando "l'elan vitale" dell'essere umano (ossia i contenuti del suo cervello organico organizzati come dati digitali) dalla sua organicità biologica facendo uso di tecniche (ad esempio il mind upload) che consentano di caricare i dati di una mente umana biologica in elaboratori elettronici di futura generazione. Queste entità potrebbero poi migrare poi nel corpo di un androide e mantenere nel contempo la loro mente umana "digitalizzata" con tutti i ricordi e la loro esperienza di vita intatta. Anche se questa tecnica appartiene oggi ancora al campo della science fiction vi sono già studi, ad esempio quelli relativi alla connectomica, che tentano di emulare il funzionamento di svariate aree di un cervello biologico in un elaboratore elettronico.


Opportunità e non costrizione

La prima contro-deduzione alla Big Question che si può fare è che la tecnologia mette solo a disposizione delle opportunità; ma non è detto che poi tutti andranno a farne uso in modo massivo quando esse saranno effettivamente disponibili. Per esempio la disponibilità nel 2030 di un cuore bioartificiale da poter sostituire a quello biologico sarà probabilmente utilizzata in modo fattuale solo da post-infartuati su consiglio del medico o da iper-progressisti (ad esempio transumanisti o longevisti) i quali giunti ad una certa età non vorranno attendere l'infarto del loro stanco cuore biologico. La grande maggioranza delle persone però, così tanto deiettate nella quotidianità del vivere nel mondo comune (nel senso Heideggheriano del termine) quasi sicuramente non andrà ad usare questa tecnologia, vuoi per la paura innata di subire un intervento, vuoi perché autolimitate da problematiche personali di natura etica o religiosa.

Mentre sarebbe abbastanza ipotizzabile un uso diffuso di un farmaco che porti alla Longevità (tipo 1) non è pensabile che tutti gli esseri umani del pianeta vogliano accedere ad una iper-Longevità (tipo 2) che richiede impianti bio-tech avanzati innestati nel proprio corpo. Molti sceglierebbero di non sottoporsi a queste operazioni invasive per i motivi enunciati sopra. Questa sola osservazione restringe il campo della potenziale umanità iper-Longeva a meno della metà dell'umanità totale, anche in considerazione del fatto che molte persone deciderebbero di non spendere il proprio denaro in questa sorta di upgrade personale ma di dedicarlo ad altri fini. Altre persone, nel sud del mondo in particolare, potrebbero non avere accesso a queste tecnologie a causa dell'arretratezza tecnologica del paese dove vivono oppure perché versano in condizioni economiche disagiate. Ancora: alcuni paesi a forte guida religiosa, cristiani e musulmani in particolare, potrebbero addirittura inibire per legge l'utilizzo di queste tecnologie rigenerative anche a persone che vi aspirassero seriamente. Oltre a ciò essi, influenzando i politici con campagne di condanna del fenomeno, farebbero sì di avviare una sorta di "gogna mediatica" sugli individui che volessero godere di questi benefici di medicina high-tech. Un esempio cangiante è quello recente che ha visto i cattolici condurre una battaglia sulla "eticità" dell'utilizzo delle cellule staminali embrionali, anche solo se utilizzate a fini di ricerca contro terribili malattie. Queste ultime due considerazioni fanno sicuramente rivedere al ribasso il limite probabile della umanità iper-Longeva; è realistico pensare che le tecnologie potenzianti (tipo 2) non verranno usate che da un 5-10% dell'umanità quando esse saranno effettivamente disponibili.

Al contrario è prevedibile che sarebbero molti di più quelli che andranno ad usare mezzi farmacologici avanzati che conducono alla Longevità di tipo 1, ovvero all'uso di un farmaco longevista che potrebbe allungare la vita al limite dei 120 anni. Ma anche qui una percentuale ottimistica si attesterebbe al massimo al 50% dell'umanità totale. Perché solo il 50% e non il 100% come sarebbe lecito pensare? La risposta sta nel fatto che quasi tutte le persone hanno la tendenza a non usare farmaci in senso assoluto. Esse vi ricorrono solo in seguito a una malattia e identificando peraltro il farmaco in modo negativo in questo contesto. Molte persone mostrano di fatto un odio per le medicine che più volte nel corso della loro esistenza hanno salvato loro la vita (e quella di altri miliardi di persone, si pensi solo agli antibiotici) ma poi tendono a vedere il miracolo in una singola (e peraltro dubbia scientificamente) guarigione a Lourdes.
Un'altra considerazione in tal senso che si può fare è che in passato sono stati identificati farmaci in grado di dare notevoli vantaggi per l'allungamento della vita. E' il caso ad esempio del Gerovital. Farmaco del quale, nel lontano 1950, si diceva fosse capace di aumentare l'ossigenazione del sangue, stimolare la rigenerazione cellulare, evitare l'ostruzione delle arterie, combattere la depressione e contrastare efficacemente la demenza senile in età geriatrica. Successivi studi poi non confermarono queste qualità anche se esso è tutt'ora in commercio. Il fatto però è che a metà del secolo scorso si credeva nelle doti miracolose di questo farmaco allunga-vita. Eppure quanti anziani allora lo hanno usato? Quanti sono andati in farmacia a comprarlo? La quasi totalità degli anziani del tempo non sapeva nemmeno che esistesse e non si pose il problema di cercarlo. La stessa cosa accade oggi con rimedi recentissimi come i multivitaminici associati al Resveratrolo, molecola su cui esistono ampi studi ampi studi di efficacia preventiva nel rallentare drasticamente l'invecchiamento cellulare e persino inibire l'insorgenza del cancro, eppure solo una percentuale insignificante di anziani oggi acquista e usa questi integratori.

Per finire la longevità di tipo "3" non è ancora ipotizzabile con le attuali tecnologie ma vedremo nel seguito che se essa si rendesse disponibile non solo non andrebbe ad impattare sull'ecosistema terrestre ma addirittura potrebbe essere una soluzione definitiva al problema delle risorse alimentari e dell'inquinamento ambientale.


Sviluppo scientifico concomitante

Una seconda obiezione alla Big Question viene dal fatto che negli ultimi 150 anni un aumento della longevità della popolazione è già avvenuto, in termini assoluti si può parlare di netto raddoppio (!). Eppure ciò non ha portato a crolli delle strutture economiche e sociali del pianeta, anzi l'umanità ha continuato ad evolversi e a produrre tecnologia. Si consideri infatti che nel 1860 la vita media di un uomo in Italia era di soli 38 anni, oggi la vita media è prossima agli 80 anni, è dunque più che un raddoppio. La popolazione mondiale nel 1860 era di 1.250.000.000 (un miliardo e duecentocinquanta milioni) di persone, oggi siamo 7 miliardi; l'incremento è stato dunque di 5.6x. Che cosa ha impedito il tanto temuto collasso socio-economico? La risposta è semplice: la tecnologia!

Con la ideazione di nuove forme di energia come la macchina a vapore prima e il motore a scoppio poi, a fine '800 le prime macchine andarono a sostituire il pesante lavoro manuale in agricoltura e concretarono lo sviluppo esponenziale della industrializzazione. La ricerca nel campo della ibridazione delle sementi e nuove tecniche agricole per aumentare la resa dei campi risalgono proprio al periodo citato. La coltivazione pervasiva su scala mondiale di specie prima confinate nei loro centri di origine (il riso in Indocina, il mais e la patata in Centro-America), ha portato poi, nei paesi industrializzati, addirittura ad una sovrapproduzione di cibo sia come quantità che come varietà dello stesso e da qui è derivato un incremento accelerato della popolazione che mai si era visto nei secoli precedenti.
A ciò va ad unirsi strettamente la tecnologia dei trasporti e degli scambi culturali tra i vari stati, si pensi che tra il 1840 ed il 1870 (solo 30 anni) la rete ferroviaria europea passò da 2700 Km a 102.000 Km, ciò rese possibile trasportare cibo ed altre forniture tra i vari stati con una rapidità mai conosciuta prima. Quindi la quintuplicazione della popolazione mondiale non solo è avvenuta senza disastri socio-economici ma la tecnologia ha regalato alla gran parte di noi una vita "comoda" e intellettualmente evoluta contrariamente a quanto accadeva a fine '800 ove la quasi totalità della popolazione europea era impegnata in estenuanti lavori fisici in agricoltura o nelle fabbriche con un livello di analfabeti pari al 75% del totale.

La teoria appena esposta sembra avere un punto debole: se anche è vero che la popolazione mondiale è quintuplicata senza traumi però ciò è avvenuto in una scala temporale di ben 150 anni mentre se l'umanità smettesse di morire nel 2030 un successivo raddoppio potrebbe aversi in soli 50 anni! Questa obiezione è innanzitutto confutata dalla prima contro-deduzione che abbiamo fatto: "Opportunità e non costrizione" dalla quale risulta che è assolutamente improbabile che tutti andranno a usare le nuove bio-tecnologie. In seconda istanza si può affermare che la tecnologia non avanza in termini discreti ma in modo continuo uniformemente accelerato (non concordo con Raymond Kurzweil quando parla di avanzamento esponenziale...) e questo crea quello che Norbert Wiener, fondatore della cibernetica, definì «anello di retroazione positivo». Questo anello prevede che uno sviluppo in un campo della tecnologia innescherà uno sviluppo in un altro campo e quest'ultimo a sua volta ne avvierà un'altro ancora. In questo modo nuove tecnologie di produzione agricola, di produzione energetica e nuove tecniche mediche verranno in soccorso di una eventuale maggiore richiesta in tal senso quando nel futuro vi sarà un aumento della popolazione.

Un altro paradigma che si può citare in tal senso è quello che le strutture viventi sono dotate di un sistema di auto-regolazione, così come affermato da quel brillante scienziato (premio Nobel nel 1973) che fu Konrad Lorenz. Per cui se in un sistema vivente vengono a mancare delle risorse da un lato si riduce naturalmente la fertilità dei singoli membri e dall'altro tale sistema cerca di sviluppare nuove strategie (anche proponendo mutazioni geniche adeguate) per bilanciare tale disfunzione. In altre parole la vita è dotata di efficienti sistemi di auto-regolazione, altrimenti oggi non saremmo qui.


L'uomo del futuro

La terza obiezione alla Big Question sta nel considerare direttamente la natura dell'essere umano del futuro. Se le ipotesi dei transumanisti andranno a buon fine, per diversi decenni (parliamo di oltre il 2050) vedremo in giro esseri ibridi, in parte organici e in parte meccatronici, definibili come "Cyborg".
Alcuni potrebbero chiedersi se questi esseri sono ancora da definire "umani" ma questa, presa alla radice, è una domanda banale. Prendiamo il caso di un medico catto-conservatore del 1930 che assistesse oggi allo sviluppo di un feto prematuro a cura di una macchina e completamente al di fuori del corpo della madre per ben due mesi. Cosa penserebbe? Probabilmente direbbe che sta assistendo a una mostruosità. Invece quella appena esposta è la banale funzione di una moderna incubatrice: nessuno di noi oggi penserebbe che un bambino/bambina nato con questo metodo è un mostro. La stessa cosa si può dire di bambini nati da embrioni congelati, non sono forse essi oggi persone normalissime e ben inserite nella società? Prendiamo poi il caso di un uomo con un impianto elettronico interno al proprio corpo che regola le sue funzionalità cardiache e da cui dipende la sua stessa vita. Il nostro medico conservatore del 1930 penserebbe che questo individuo sia una sorta di Frankenstein. Al contrario si tratta solo di uno dei tanti milioni di persone che integrano un moderno "Pacemaker" e del quale oggi nessuno penserebbe che si tratti un sorta di "terminator". Da ciò ne discende che lo sviluppo tecnologico apporta anche modifiche al modo di concepire l'etica.

Il periodo evolutivo transitorio dei cyborg potrebbe poi ulteriormente raffinarsi prendendo due strade evolutive separate e produrre esseri umani completamente re-ingegnerizzati dalla biotecnologia oppure esseri del tutto migrati in supporti elettronico-informatici di nuova generazione.

Prendiamo il primo dei due casi. Se la biotecnologia avanzata renderà possibile re-ingegnerizzare l'essere umano da un punto di vista biologico certamente cercherà di migliorare alcuni aspetti disfunzionali in esso presenti. Ad esempio la eccessiva richiesta di cibo (energia) che ci costringe, essendo mammiferi, a mangiare continuamente, diciamo in media quattro volte al giorno, e a inquinare di conseguenza. Un coccodrillo può nutrirsi una sola volta ogni tre mesi ed ha un incredibile sistema immunitario che gli permette di vivere in acque putride senza essere infettato, di rigenerare profonde ferite, traumi alle ossa e mutilazioni. Grazie a queste caratteristiche questo animale ha superato indenne novanta milioni di anni di evoluzione mentre noi siamo nella corrente della vita solo da tre milioni di anni. 70.000 anni fa, con l'eruzione di un supervulcano (secondo una recente teoria) il crollo delle temperature a livello mondiale avrebbe portato all'estinzione il 95% degli esseri umani allora viventi: rischiammo di scomparire dalla storia! In ultimo, diverse sottospecie del nostro filone genetico sono già andate estinte (Neanderthal, Ergaster ecc.), quindi non siamo affatto al sicuro nella nostra attuale organicità biologica e la cosidetta "natura" non ci è per niente amica se noi non siamo in grado di governarla. Un essere umano completamente ricostruito dalla biotecnologia, definibile come "Bio-ibrido", sarebbe quindi in grado di limitare decisamente, anche se non a livello dei rettili, il consumo di risorse alimentari grazie ad una ottimizzazione dei sistemi di assorbimento delle calorie. A seguito di ciò produrrebbe anche meno "scorie" organiche e disporrebbe di un sistema immunitario più efficiente, quindi un tale organismo, oltre ad impattare sul consumo di risorse alimentari solo per una percentuale irrisoria rispetto all'homo sapiens attuale non andrebbe a inficiare sul principale dei costi dei paesi sviluppati: il sistema sanitario nazionale.
Andando più in là nel tempo un futuro "post-umano" che avesse eseguito il mind upload (trasferimento dei contenuti della mente) in un elaboratore elettronico e dotatosi di un corpo artificiale, classificabile come "Androide" (a), avrebbe richieste energetiche pari a poche decine di watt di potenza elettrica, quindi energia pulita e impatto sui consumi alimentari pari a zero oltre che nessuna emissione inquinante nell'ambiente. In entrambe i casi non solo non ci sarebbe alcun impatto negativo sul consumo delle risorse alimentari o energetiche del pianeta ma addirittura si andrebbe verso la soluzione definitiva al problema dell'impatto ecologico.


Lo status quo

Un sistema socio-economico che ben funziona generalmente non richiede modifiche sostanziali, al limite si potrà parlare solo di piccoli aggiustamenti, sarebbe una idiozia tentare una sua alterazione. Ma il sistema di vita attuale dell'homo sapiens, visto nella sua globalità, funziona davvero così bene? Davvero non occorre modificarlo? In occasione del World Food Day la Fao ci fa sapere che la cifra di affamati e malnutriti nel mondo ha superato il miliardo di individui, quindi circa il 17% della popolazione del pianeta (una persona su sei) vive in condizioni pietose.
Un padre a capo di una famiglia patriarcale di dodici persone che si rendesse conto che due di esse (ad esempio un figlio e un nipote) soffrono la fame dovrebbe certamente auto-definirsi un "pessimo amministratore". Ma la fame nei paesi poveri non è dovuta direttamente alla sovrappopolazione. Un rapporto reperibile dalla Earthtrends è molto esplicito in tal senso: In Africa sub-sahariana ci sono 4,3 persone per ettaro di terra coltivata. Più che in Europa (2,4), ma meno che in Asia (7,6). Eppure la percentuale di malnutriti in Africa è il doppio (30%) che in Asia (15%). Da ciò ne segue che l'Africa in realtà muore di debito pubblico, di corruzione dei governi, di etnocentrismo, di monocoltura agricola, di rapina delle sue risorse naturali da parte degli europei, degli americani e dei cinesi (petrolio, metalli) e naturalmente anche di AIDS. Bisognerebbe tenerne conto, anche quando si parla di migranti che approdano sulle nostre coste, migliorando la produzione nei loro territori con nuove tecnologie agrarie e destabilizzando i loro governi corrotti essi non avrebbero più bisogno di venire da noi a vendere calzini e CD contraffatti.Riguardo alla sovrappopolazione in Sud America, in India e nell'Africa sub-sahariana, essa deriva soprattutto da una iper-prolificità delle donne in questi specifici territori. In un vecchio documentario RAI un giornalista scientifico italiano chiese a una donna africana perché mettessero al mondo da otto a dodici figli cadauna, la risposta di questa donna, semplice e analfabeta, fu più o meno questa: "mettiamo al mondo molti figli perché se ne facessimo solo uno o due essi morirebbero lasciando noi, una volta anziani, da soli e senza assistenza, invece, se ne facciamo una decina almeno un paio di loro sopravvivranno di certo e ci garantiranno assistenza nella vecchiaia."

Questa risposta potrebbe in un primo momento far apparire come "criminale" questo modo di ragionare, vedere morire otto dei dieci propri figli di stenti, fame e malattie è eticamente inaccettabile. Ma attenzione, il problema non sta nella povera donna (anche essa facente parte del sistema e nata come bambina affamata, malcurata e analfabeta) ma nella organizzazione politica del governo che è a capo di questi territori. Governi molto influenzati da etnie religiose le quali, al contrario della logica scientifica darwiniana, predicano la prolificità dell'essere umano e si oppongono alla utilizzazione di sistemi di contenimento delle nascite, persino quando questi sistemi (il banale preservativo) possono, essi soli, evitare malattie terribili come l'AIDS. Si ricordi infatti la visita (marzo 2009) in Africa di Ratzinger che ha qui affermato che il problema "non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi aumentano i problemi" suscitando ire nelle istituzioni umanitarie laiche che agiscono in quelle zone. Ricordiamo che la dottrina cattolica, se applicata in modo completo, conduce via binario alla famiglia "neocatecumenale". Famiglie come queste, anche qui in Italia, mettono al mondo fino a dieci figli. Lo stesso precetto riguardo alla prolificità si ritrova in ambito musulmano e siccome questa religione impone capi religiosi a capo del governo tale precetto viene applicato politicamente.

In passato anche forme autarchiche di stato come il Fascimo e il Nazismo hanno proposto, favorito e magnificato un modello iper-riproduttivo per la donna, per motivi diversi però. In questo caso la iper-prolificità sarebbe stata usata come leva militare di massa per la lotta intraspecifica umana (ovvero la guerra). Ora, se da un lato è accertato che questo tipo di lotta porta con sé una repentina accelerazione del progresso tecnico/scientifico, come effetto collaterale della lotta agli armamenti, dall'altro però essa non apporta alcuna modifica al genotipo umano. Oggi un simile sistema di selezione naturale, al di là degli avversi aspetti morali, sarebbe da giudicare addirittura mortale per la razza umana dato l'immenso arsenale atomico di cui oggi disponiamo.

La filosofia transumanista fornisce una soluzione a questi problemi. Sin dal primo documento dello scienziato darwinista Julian Huxley, risalente al lontano 1957 nel quale esso afferma a chiare lettere:

[...] dobbiamo studiare le possibilità di creare un ambiente sociale più favorevole, così come abbiamo fatto in larga misura con il nostro ambiente fisico. Dovremo partire da nuove premesse, per esempio, che la bellezza (qualcosa da apprezzare e di cui essere fieri) è indispensabile e quindi che le città brutte o deprimenti siano dichiarate immorali; che la qualità della gente, non la quantità, è ciò su cui dobbiamo puntare e quindi che una politica concordata è necessaria ad evitare che la presente crescita demografica conduca alla distruzione delle nostre speranze per un mondo migliore.

Dunque, diceva Huxley, che la qualità è migliore della quantità. A più di sessanta anni di distanza questo scritto sembra profetico. In un documento di qualche anno fa il prof. David Pimentel della Cornell University ha stimato la capacità a lungo termine del pianeta in 2 miliardi di esseri umani. Più o meno la quantità di persone che erano contate nel 1950. Ne segue che i 7 miliardi di individui attuali, resi possibili, come abbiamo visto sopra, dallo sviluppo tecnologico nelle coltivazioni, nei trasporti e della medicina, non possono essere gestiti a lungo termine dal pianeta. Ad essi andranno ad aggiungersi altri 3 miliardi di persone nei prossimi 40 anni e tutto ciò, si badi bene, senza alcun intervento delle organizzazioni transumaniste. I 10 miliardi di individui del 2050 potrebbero essere certamente ancora gestiti dal pianeta dal lato dell'approvvigionamento di cibo dal concomitante sviluppo tecnologico delle coltivazioni ma il vero problema sta nell'esaurimento delle risorse energetiche. Già oggi i paesi in via di sviluppo (Cina e India in particolare) richiedono sempre più petrolio per le loro industrie e i loro trasporti e questa richiesta andrà ad incrementarsi esponenzialmente nel tempo. Bisogna allora chiedersi come razionalizzare questo problema anche in vista di nuove tecnologie mediche che renderanno la vita sempre più lunga.

La soluzione proposta dai vetero-ecologisti, quella di eliminare gli allevamenti di animali (bovini, caprini e ovini) e divenire tutti noi vegetariani puri, è una balordaggine: se i territori usati per allevamento animale venissero riutilizzati per coltivazioni intensive aumenterebbe semplicemente la disponibilità di cibo sul pianeta e con essa si avrebbe un ulteriore incremento della popolazione. Detto in termini brutali: "i topi si moltiplicano quando il granaio è pieno."

Quale potrebbe essere allora una reale soluzione al problema? Recenti studi (citati anche sulla rivista Le Scienze) hanno dimostrato che un'alfabetizzazione e un incremento generale del livello culturale delle donne nei paesi ad alta prolificità riduce naturalmente la loro tendenza a mettere al mondo una quantità eccessiva di figli. Questo accade soprattutto perché la cultura scientifica e razionalista (da sempre promossa dalle organizzazioni transumaniste) scardina ai loro fondamenti le ideologie di vita su base religiosa le quali sono una concausa importante e significativa della cattiva organizzazione delle società umane e delle conseguente mal distribuzione delle risorse. Oltretutto una vita per la donna più ricca di attività culturali, creative e ricreative, rispetto a quella che la vede come semplice macchina-filiatrice da tenere segregata in casa, consentirebbe un incremento della cultura generale e del progresso scientifico e tecnologico del paese ove queste riforme vengono applicate. Alcuni studi effettuati in Messico hanno evidenziato che le campagne mediatiche televisive sono state molto positive nell'indurre le donne a una maggiore responsabilità nel pianificare le loro gravidanze. Ove ciò non dovesse bastare un controllo da parte dello stato si renderà necessario. Certamente non attuato con metodi coercitivi ma con una semplice supertassazione sui figli successivi al primo e con una educazione scolastica adeguata.


Bio-massa e domesticazione oppure diversificazione genetica?

Konrad Lorenz, in quella splendida opera che è "Natura e Destino", ci rivela che quando un organismo vivente riesce, grazie a una mutazione favorevole intraspecifica o a condizioni ambientali mutate positivamente, a ben affermarsi nel suo ambiente naturale esso si riproduce fino a colonizzare ogni pertugio di tale ambiente aumentando, finché gli sarà possibile, la "Bio-massa" della propria specie attraverso una prolificità estrema. Essendo che in tale ambiente tale organismo trova tutto il cibo che vuole e si riproduce fino al limite delle possibilità ambientali esso non avrà più bisogno qui, mancando del tutto la lotta evolutiva sia extra-specifica che intra-specifica, di produrre nuove mutazioni adattive. Questo è proprio il processo che ha riguardato l'uomo, da millenni ormai non più minacciato da predatori naturali. Tale processo però, a lungo termine porta a quel fenomeno denominato "autodomesticazione". Ora, così come accade con alcuni animali domesticati dall'uomo, ad esempio i muli, i barboncini, i conigli da allevamento, i quali, se rimessi in natura si estinguerebbero immediatamente, l'uomo opera una domesticazione anche su se stesso. Non vi sono quindi rimescolanze di geni, non vi è varietà, non vi è diversificazione genetica. Ne consegue un indebolimento della specie, portato anche da tutta quella serie di geni difettosi che la campana di vetro della tecnologia medica ci consente di perpetuare, per questo nei paesi industrializzati il costo dei sistemi sanitari nazionali è in fase esplosiva.

Konrad Lorenz deplora la non necessaria prolificità umana e richiama l'uomo alle sue responsabilità evolutive. Cosa ci consente di sopravvivere nonostante questo? La risposta è univoca: la tecnologia. L'uomo è oggi un animale completamente dipendente dalla tecnologia, senza la quale non potrebbe sopravvivere in natura. Allo stesso tempo però, non potrà sottrarsi alla legge naturale dell'evoluzione delle specie e una positiva diversificazione genica (vera fonte della giovinezza filogenetica) potrà quindi avvenire solo se applicata dalla stessa tecnologia attraverso tecniche di bio-ingegneria. Lo scienziato francese Jean Dorst su questo aspetto ci incute addirittura un senso di angoscia:

«Il costante aumento delle malattie mentali e nervose di ogni tipo (malattie di civilizzazione) costituisce la prova più documentata della profonda mancanza di armonia oggi in atto tra l’uomo e il suo ambiente. Le attività umane portate al parossismo, spinte fino all’assurdo, pare che rechino in se stesse i germi della distruzione della nostra specie. Questo fenomeno ricorda la politelia osservata nel corso dell’evoluzione di certi tipi di animali; un carattere comparso in una linea è in seguito capace di svilupparsi, e di svilupparsi esageratamente, fino a divenire nocivo e contrario agli interessi della specie stessa e senza avere, da quel momento, il minimo valore come mutazione di adattamento. Molte linee si sono estinte così nel corso dei tempi geologici, in seguito allo sviluppo esagerato di una caratteristica divenuta "mostruosa". Ci si può chiedere se non sta accadendo lo stesso all’uomo e alla civiltà tecnica da lui creata, che gli ha permesso, all’inizio, di raggiungere un alto livello di vita ma il cui eccesso rischia di divenirgli fatale. Anche numerose razze e popolazioni umane si sono estinte nel corso dei millenni proprio a causa di un loro eccessivo sviluppo divenuto “mostruoso" »

Una via d'uscita importante al problema potrebbe essere la entusiasmante possibilità di colonizzare lo spazio del sistema solare alla ricerca di nuove fonti energetiche e spazi vitali. Ci rendiamo però oggi conto di quanto l'attuale homo sapiens risulti molto limitato in questo compito. Radiazioni gamma, raggi cosmici e atmosfera riciclata, pur al riparo di una stazione spaziale sono fonti di enorme stress ossidativo nell'organismo umano tanto da rendere la permanenza nello spazio questione di pochi mesi. Molti astronauti dopo il rientro accusano sfaldamento dello scheletro, disturbi cardiaci, intossicazioni, infiammazioni, coliche, stress, mal di denti e colpi della strega. Il sistema immunitario nello spazio crolla e anche un banale taglio ad una mano (caso realmente accaduto all'astronauta Ghennadi Strekalov) provoca infezioni terribili. Un banale raffreddore può divenire incurabile. Per non parlare poi del fatto che gli atletici astronauti tornano a terra in sedia a rotelle poiché le loro gambe si atrofizzano nonostante la ginnastica di bordo. La imperfezione strutturale dell'homo sapiens al di fuori della biosfera terrestre è spiegabile col fatto che ci siamo troppo ben adattati all'ambiente terrestre. Tale imperfezione potrà essere "curata" solo attraverso la biotecnologia avanzata. Quando partirà, si spera nei prossimi decenni, la prima colonizzazione dello spazio e si insedieranno colonie permanenti, le modifiche biotecnologiche al genoma umano per adattarlo ad ambienti estranei (si pensi alla gravità ridotta a 1/3 di Marte e alla necessaria vita sotto delle cupole pressurizzate), diverranno probabilmente la norma.


Distopia politica

Abbiamo considerato appena sopra la distopia politica dei governi le cui politiche sono pesantemente influenzati dalle caste religiose e dalle loro nei paesi centro-africani e sud-americani afflitti dalla povertà o dei regimi musulmani ove la massa umana vive anche qui in condizioni sub-culturali acute ed in semi-povertà. Come potrebbe risolversi il loro problema? E' difficile trovare una soluzione; anche mettendo a capo delle loro istituzioni un governo progressista i padri continuerebbero a trasmettere ai loro figli la loro utopia religiosa. Lo dimostrano i figli degli immigrati musulmani africani in Francia negli anni '50, completamente auto-ghettizzatisi da loro stessi e mai integratisi nella nuova società libertaria. Situazione che è infine esplosa in atti di violenza nelle Banlieues e ha messo a ferro e fuoco molte periferie di città francesi tra il 2005 ed il 2006.
Il fallimento dei governi vetero-comunisti della immensa Unione Sovietica, della Cina (involutasi in un capitalismo "sporco") è stato seguito a ruota dal fallimento del sistema capitalista occidentale (di tipo Bushista) come testimonia il crollo delle grandi banche in USA e la crisi finanziaria mondiale ancora in atto. Solo quei paesi che sapranno dotarsi di un governo di nuova concezione, basato su un socialismo darwinista e iper-progressista, che sappia gestire il "naturale" (b) ed irreversibile cambiamento di paradigma a cui la tecnologia ci sta portando potranno gestire il cambiamento senza traumi. Purtroppo, per i problemi enunciati sopra e per le forti spinte conservatrici entropiche, è prevedibile che questo cambiamento non sarà colto dalla umanità nel suo complesso ma solo da una sua parte.




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Note:

(a) - La questione se questi esseri non biologici sarebbero ancora da considerare umani, esula dai fini di questo documento, ma una breve considerazione può essere fatta: è chiaro che a renderci umani non è tanto la nostra milza, il nostro fegato o la nostra spina dorsale. Quello che ci rende esseri pensanti e coscienti sono i contenuti del nostro cervello organico. Se esso cambiasse supporto fisico mantenendo però la sua integrità strutturale è molto probabile che non vi sarà alcuna alterazione di tali contenuti.

(b) - Cosa si intende per "naturale"? Quale sarebbe una via evolutiva "naturale" per l'uomo o una etica "naturale" che un governo illuminato dovrebbe seguire? Una disamina convincente del problema che pone il termine "natura" e delle relative implicazioni morali ed etiche è stato affrontato in modo saggio e concreto dal filosofo Simone Pollo nella sua recente opera "La morale della natura", opera che invito a leggere.


Fonti:
- Konrad Lorenz: Natura e Destino - Mondadori
- Simone Pollo: La morale della natura - Laterza
- Stefano Vaj: Biopolitica: il nuovo paradigma - Barbarossa edizioni
- Brenner Y.S.: Storia dello sviluppo economico - Giannini editore
- Jean Dorst: Avant que nature meure
- Fritjof Capra: Il punto di svolta - Universale Economica Feltrinelli
- wikipedia.it

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